PALERMO – Il voto sulla manovra di ieri ha rappresentato, per certi versi, la partita a scacchi di Gianfranco Miccichè: una partita giocata come presidente dell’Ars, oltre che come principale oppositore del presidente della Regione Nello Musumeci. Ieri il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, in un momento di attesa in cui gli uffici verificavano quanto presentato dai deputati, si è concesso la libertà di quello che è sembrato, oltre che un discorso di commiato, molto di più: una sottolineatura, al di là dei toni garbati.
E se c’è chi ci ha visto una mano distesa verso l’esecutivo, è stato il discorso di chi ha vinto la partita parlamentare. Forse ancora, di fronte a una situazione di stallo, di sfinimento davanti a una scacchiera immobile, è stato il gesto di chi ha deciso di fare cadere per terra il re, pur di chiudere la partita.
Un segno di mimica facciale fra tutti, che il video consegna alle cronache, dice tanto del senso delle parole del titolare dello scranno più alto a Sala D’Ercole: un sopracciglio alzato e un leggero movimento della testa come a dire “prendete e scambiate” in risposta a chi dall’aula, dopo il discorso, stava lanciando un applauso.
Descrivere come è nata la finanziaria è necessario per capire tutto. In questi giorni è stato quello del passìo dei deputati. Si discuteva, si aspettava, si tentavano accordi nella stanza del vicepresidente Di Mauro a cui è stata data la responsabilità della sintesi politica, un tempo realizzata dal governo. La situazione per ore è stata veramente di stallo.
Gli emendamenti votati sarebbero dovuti essere al massimo due. Ma la presenza di tre testi ha segnato, fino alla fine, la differenza fra tutti fra le tre parti in causa: una cosa è l’opposizione, una la maggioranza, una il governo. Il giorno prima in un passaggio di sfuggita l’assessore all’Economia Gaetano Armao aveva chiesto che il maxi emendamento fosse uno solo ma non c’è stato niente da fare. I testi sono rimasti diversi per rimarcare le diversità ed anche per non mettere e mettersi in difficoltà nei confronti dell’opposizione. Dal passìo di giornate si è arrivati così all’accordo: tutti hanno avuto qualcosa. Ogni deputato ha avute accolte le sue richieste dando vita a una corposa ex Tabella H, il governo ha portato la nave della finanziaria in porto senza prendere ulteriori batoste a suon di voti segreti com’era accaduto qualche giorno prima sull’articolato.
In questo scenario, Miccichè ha fatto il suo discorso dopo che l’assessore Toto Cordaro ha comunicato la decisione del governo di rimettersi all’aula nell’esprimere i pareri politici attorno a tutti i maxi emendamenti.
“Questa – ha detto Miccichè all’inizio del suo discorso – è l’ultima finanziaria della legislatura. Fin dalla prima ho provato a trovare soluzioni d’accordo. In fondo la Finanziaria è l’espressione massima, di anno in anno, del lavoro che fanno Parlamento e Governo. “Spesso – ha continuato -ci siamo riusciti. Non sempre. Abbiamo fatto pasticci. Ricordo i collegati e i collegati che non erano tali – il primo affondo al governo – ed altre situazioni in cui spesso ci siamo arrabbiati con il governo”.
Il presidente dell’Ars non ha nascosto l’acuirsi dei conflitti nelle ultime settimane. “Nonostante questo ultimo periodo non si può dire che sia stata una legislatura di grandissimi scontri. C’è stata una contrapposizione anche forte. Se posso dare un suggerimento al governo – l’ennesima stoccata -, è quello di considerare il parlamento estraneo alla politica ma un elemento fondante. Qualsiasi cosa senza il controllo del parlamento farebbe sparire l’idea del regime in cui viviamo che è quello della democrazia”.
“Questo atto finale di rimettersi all’aula non è che sia chissà che – ha proseguito Miccichè – ma è un atto di intelligenza e cortesia istituzionale che valuto positivamente. Spesso – ennesima stoccata – fra le istituzioni è proprio la mancanza di educazione che crea scontri enormi. Il governo sa benissimo che nei vari maxi c’è qualcosa che non piace a qualche altri.
Poi Miccichè ha puntualizzato: “Il rimettersi all’aula significa rimettersi alla sensibilità istituzionale di tutti coloro che sono qui dentro e averne rispetto. Il che non significa che saremo in pace. Ma in questo momento in cui ci siamo accusati vicendevolmente lo reputo un gesto positivo”.
Di lì a poco si è passati al voto. La manovra è passata con voti contrari di pezzi di Forza Italia e della Lega: a segnalare che le diversità di visioni non sono sanate. Fra i commenti a caldo, al di là delle accuse successive, rimane infine da segnalare l’assenza del governatore Musumeci, poi giustificata da suo vice Gaetano Armao, rimasto fino all’ultimo parafulmine e promotore dell’azione di governo in aula. “Se Musumeci fosse stato presente non sarebbe passata”, hanno detto in tanti nei corridoi di Palazzo dei Normanni. Da ora, inizia la corsa per le prossime Regionali.